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CASA Best

ROMA

Siamo in un villino romano, una casa- studio abitata per una vita da un professore ingegnere con indole da architetto e dalla sua amata moglie. Il loro amore per la cultura, la bellezza, e la loro sensibilità si percepiscono in ogni stanza, e trovano conferma in ogni dettaglio. Insieme negli anni hanno realizzato – fra le altre – diversi appartamenti dal gusto finissimo e pubblicati sulle più prestigiose riviste.

Come nasce il progetto di questa casa? Si basa tutto su alcuni principi fondamentali, dice il professore. Innanzitutto bisogna partire come sempre dalla natura di uno spazio, dalla sua essenza. Poi bisogna pensare allo stare bene, a cosa fa stare bene all’interno di uno spazio, anche e soprattutto secondo la sua funzione.

Ecco allora che gli elementi decorativi preesistenti servono da spunto per trovarne di nuovi in accordo. Si parte da elementi coevi (in questo caso l’ispirazione viene dagli interni di Adolf Loos), per trovare una sintesi armonica a livello estetico e collaborante a livello funzionale. Da un tipo di planimetria si sviluppa allora il ritmo degli ambienti e della distribuzione degli spazi.

Funzionalità e armonia estetica sono ricercate nel sacro valore della semplicità, dalla quale scaturisce l’eleganza e la rende senza tempo, libera dalle mode. Semplicità che viene ritrovata nelle cose spontanee, naturali, più che nel design, che alle volte risulta un po’ troppo rigido. “Perché, dovendo trovare qualcosa che regga una lampadina, utilizzare una barra di acciaio, quando un ramo magari trovato in giardino è molto più bello?”. Inserire degli elementi naturalistici rompe la regola e restituisce singolarità e organicità. Riporta l’uomo nella sua dimensione naturale.

Ecco allora che i rami diventano lampade, insieme a sculture nate sul tavolo della cucina una domenica pomeriggio, e vecchi tronchi si riscoprono tavolini o piedistalli.

Ad aggiungere il sapore finale, come il profumato pepe venuto in dono dall’oriente che è sempre sulla tavola, spunti e ricordi di viaggi lontani. Souvenir materiali come sedie e mobili provenienti dall’India coloniale e da Hong Kong, o immagini registrate e poi tradotte, come i divani ripresi dagli antichi salotti ottomani o il letto di memoria giapponese.

Per finire elementi di antiquariato e piccoli ricordi, preferibilmente dalle forme strane, che come objets trouvés si poggiano negli angoli per il semplice ma fondamentale gusto di “destare curiosità e stimolare pensieri”.

“Bisogna partire come sempre dalla natura di uno spazio, dalla sua essenza. Poi bisogna pensare allo stare bene, a cosa fa stare bene in una stanza”

“Inserire degli elementi naturalistici rompe la regola e restituisce singolarità e organicità. Riporta l’uomo nella sua dimensione naturale.”

“Objets trouvés si poggiano negli angoli per il semplice ma fondamentale gusto di “destare curiosità e stimolare pensieri”.

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